LA PERSISTENZA DELL'IMMAGINAZIONE

...I suoi paesaggi sono talvolta desolati, preda della solitudine, le pietre e le architetture, di cui dissemina talvolta i suoi quadri, conservano l´eco d´un passato ormai irraggiungibile, ma mai del tutto morto nel ricordo; gli oggetti ritrovati, ricuperati, raccolti per la strada, religiosamente ricomposti, iniziano nella composizione pittorica una nuova vita, che non è poi quella dell´uso a dell'utilità, ma quella della malinconia. Gli oggetti riprendono il loro posto in una dimensione che è in parte casalinga ed è in parte enigmatica, anche quello più semplice, anche quello più disadorno: hanno abbandonato alle loro spalle la praticità di cui si sono nutriti a lungo nella vita ed hanno riacquistato una verità più sottile ed inaspettata che è poi quella che attende ogni opera d´arte nella valle della memoria.

... Sembra che i suoi quadri siano già stati descritti in anticipo di anni da uno dei rari scrittori italiani del Novecento che fu più sensibile ai problemi della pittura contemporanea.
Massimo Bontempelli: "... c'era, in quel vasto fossato, riquadrato come una piazza d´armi ma sprofondato molto più in basso del suolo su cui io ero, c'era una quantità di oggetti diversi. Mobili di varie specie: sedie, tavolini, mensole, cassettoni; e poi tendami; e mazzi di fiori, in vasi alti e bassi, sottili e panciuti; e cuscini, e una quantità di vasetti di più fogge; e poi libri, e un martello accanto ad una lima e ad altri strumenti del genere: un attaccapanni, spazzole di varie forme e pettini e fiale, una storta come se ne vedono nei gabinetti di chimica, parecchi piumini di quelli che adoperano le cameriere per spolverare i mobili".
Non bisogna credere che questi oggetti siano stati collocati confusamente, ma erano disposti pittoricamente "in un ordine che non saprei spiegare, ma che certamente aveva una sua regola". Non sembra proprio la descrizione di un quadro di Tullio Tulliach?
"Là quegli oggetti stavano - tanto per farmi capire - stavano in certo modo come stanno gli alberi e le rocce della campagna. Non so dire perchè, ma si capiva che erano a posto bene, come nati lì dove si trovavano. Erano quasi diventati vivi: e tutti insieme formavano un´armonia strana e piacevolissima a vedersi. Erano, ecco, erano una specie di paesaggio, fatto di oggetti invece che di piante e altri prodotti naturali".
Dal fondo di questa raffigurazione appare uno dei simboli preferiti di Tullio Tulliach: l'uomo-oggetto, l'uomo-albero, l'uomo-roccia, l'uomo-manichino. "Era un manichino. Un manichino di vimini, di quelli alti come un uomo, senza braccia nè testa, su cui le sarte provano i vestiti delle signore"... dotato di voce e di anima. Poichè afferma perentoriamente: "In mezzo a tutti questi oggetti, io sono la sola creatura dotata d´intelligenza, di volontà, e di parola", in sostanza "creature superiori".
Queste citazioni straordinarie sono state tratte dalla favola metafisica di Bontempelli "La scacchiera davanti allo specchio" (che è del 1921). Anche Tullio Tulliach quando dipinge si pone davanti ad uno specchio. È un pittore che crede nella persistenza dell´immaginazione.

David Janus